Il “prendersi cura” è diventata la colonna portante del nostro lavoro, differente dal concetto di “curare”.
Da 20 anni il mio lavoro di osteopata si fonde con quello in Hospice, esperienza che ha fatto crescere la mia passione verso la delicata tematica delle cure palliative, in particolare nell’ambito oncologico. Ho riflettuto e approfondito a fondo cosa accade al mondo della persona che non potendo più effettuare terapie attive, a causa di un peggioramento del quadro clinico o per altre ragioni, viene comunque aiutata a migliorare il suo stato psicofisico, oltre alle classiche terapie farmacologiche, grazie anche a terapie e pratiche complementari tra cui l’osteopatia.
L’osteopatia sta acquisendo sempre più un ruolo primario così come già da tempo altre pratiche di sostegno e riattivazione sono state ad esempio la riabilitazione, la terapia occupazionale, l’omeopatia, l’agopuntura.
La branca dell’oncologia clinica, studia oltre alle patologie tumorali, la diagnostica clinica, i trattamenti farmacologici classici ma anche la prevenzione, le indicazioni e la tossicità dei trattamenti convenzionali ed innovativi in oncologia stessa.
Ho potuto seguire in questi anni moltissimi pazienti con tumori in stato avanzato di malattia, sia all’interno dell’hospice sia privatamente e quello che più mi ha colpito che la persona va aiutata non solo in considerazione dello stato di avanzamento della malattia.
Perché il malato oncologico non è solo la sua malattia, c’è prima di tutto la persona che si trova a dovere affrontare un tumore maligno in fase iniziale con tutti i suoi lati oscuri e di luce. Io, ovviamente, mi sono affidata a ciò che conosco meglio l’osteopatia come strumento di aiuto a chi si trova nel tunnel del cancro.
Utilizzando l’osteopatia a sostegno della persona in tutte queste fasi, ho potuto studiare, approfondire, rendere strutturato un approccio dove i pazienti che avevano sintomi conosciuti come ad esempio il dolore, affanno e stipsi ricorrente, potevano trovare beneficio nell’immediato e a medio termine. La difficoltà nel prendere sonno o nei risvegli continui, dettati da fattori fisici ma anche da stati costanti di ansia, possono aumentare la condizione di fragilità della persona già alle prese con un percorso estremamente faticoso.
Approfondisci sul blog clicca qui